La giornalista Cristina Fallarás ha attirato l’attenzione su un tema scottante, riaffermando che il movimento di denuncia contro la violenza di genere sta iniziando a decollare, soprattutto dopo le recenti accuse avanzate contro l’ex deputato di Sumar, Iñigo Errejón. Questo sviluppo segna un punto di svolta nel dibattito su come le donne stiano finalmente rompendo il silenzio su esperienze di violenza sessuale, un fenomeno che, secondo Fallarás, rappresenta solo “la punta dell’iceberg”.
La crescente consapevolezza delle donne
Poche ore prima di partecipare al forum “La letteratura è femminile” a Tenerife, Fallarás ha messo in evidenza come la denuncia nei confronti di Errejón non sia isolata, ma rappresenti una serie di storie e testimonianze di donne che da molti mesi stanno emergendo. La giornalista ha evidenziato che non si tratta solo di un singolo caso, ma di una rete di racconti di donne che hanno subito violenze, alimentata da un contesto sociale che sta finalmente riconoscendo e affrontando il problema della violenza di genere.
Fallarás ha interrogato il pubblico sulla tempistica del caso, affermando: “Perché ora questo caso ha preso piede? Perché lentamente stiamo avanzando.” Secondo lei, il progresso è graduale poiché le donne stanno utilizzando strumenti e percorsi alternativi rispetto a quelli tradizionali del patriarcato, evitando perciò la polizia e i tribunali. L’approccio che sta emergendo è nuovo, e richiede tempo per svilupparsi e ottenere visibilità.
La giornalista ha sottolineato l’importanza dei racconti delle donne, che possono portare a importanti conseguenze, come la caduta di figure politiche influenti. Ha chiarito che la vera forza di questo movimento risiede nella narrazione delle esperienze vissute, piuttosto che nella mera denuncia formale.
La difficile realtà delle denuncianti
Fallarás ha inoltre evidenziato le conseguenze negative che spesso affrontano le donne che decidono di denunciare pubblicamente la violenza subita. Ha richiamato l’attenzione sull’odio e le critiche rivolte contro l’attrice Elisa Mouliáa, che ha formalmente denunciato Errejón, descrivendo il calvario che sta vivendo. La giornalista ha messo in dubbio perché ci si aspetti che le donne parlino delle loro esperienze e denuncino le violenze, solo per poi subire attacchi e insulti.
Secondo Fallarás, spesso quando una donna condivide il proprio racconto, viene spinta a presentare una denuncia. Tuttavia, una volta effettuata, finisce per essere derisa o stigmatizzata. “Ecco perché molte si chiedono: perché non denunciamo?” ha affermato. Ha aggiunto che è probabile che questo caso non approdi neppure in un tribunale, dato che non vi è stata una relazione stabile tra le parti coinvolte.
L’esperienza di Fallarás è condivisa da altre due donne che, nel fine settimana, hanno manifestato l’intenzione di presentare denuncia contro Errejón. Ciò dimostra che, nonostante le difficoltà, la volontà di rompere il silenzio sta crescendo, poiché le donne si sentono sempre più incoraggiate a parlare delle loro esperienze.
La mobilitazione contro la violenza di genere
Fallarás ha concluso il suo intervento sottolineando il potenziale di questo movimento di denuncia, affermando che le donne sono finalmente pronte a far sentire la propria voce. “Abbiamo iniziato a parlare con il movimento #MeToo nel 2017 e con il #Cuéntalo nel 2018… Le donne hanno iniziato a raccontarsi e questo non si fermerà,” ha detto, sottolineando che le donne continueranno a parlare, reclamando i loro diritti e la loro dignità.
In un contesto in cui si registra un aumento delle testimonianze di violenza sessuale legate al potere, provenienti da vari settori come i media, i partiti politici e le istituzioni, Fallarás ha affermato che queste storie non solo creano solidarietà tra le donne, ma servono anche come meccanismi di identificazione. Ciò è fondamentale per permettere ad altre donne di sentirsi meno sole nella loro lotta contro le violenze subite.
Infine, Fallarás ha affrontato la questione della veridicità delle testimonianze, chiarendo che non esistono processi di verifica prima della loro diffusione. “Chi mai desidererebbe mentire raccontando qualcosa di così doloroso?” si è chiesta. La sua posizione è che il dubbio riguardo alla verità delle storie di violenza è ingiustificato e deve essere superato per favorire un ambiente in cui le donne possano sentirsi al sicuro nel condividere le proprie esperienze.