Il caso di un imprenditore delle Canarie, accusato di appropriazione indebita di un’imbarcazione, solleva interrogativi sulla gestione societaria e sulla validità di un contratto privato. Il dibattimento si svolge presso la Corte Provinciale di Las Palmas de Gran Canaria, con richieste di pene che variano da due a quattro anni di reclusione.
L’imprenditore si difende: “Sono un uomo onesto”
Santiago Santana Cazorla, imprenditore noto in Gran Canaria e ex presidente della compagnia Anfi, si è dichiarato martedì davanti alla Corte come un «uomo onesto». Ha manifestato il proprio rammarico per l’accusa di aver rubato un’imbarcazione appartenente al gruppo Anfi, dopo aver gestito l’azienda per 14 anni e generato fatturati miliardari. Durante il processo, condotto dalla Sezione Seconda e con la partecipazione della procuratrice Lucía Cascales, è emerso che l’imprenditore afferma di aver acquistato l’imbarcazione nel 2012 da una cliente che aveva un debito di 27.607,80 euro con Anfi. Di conseguenza, l’imbarcazione è stata registrata a nome della società.
Santana Cazorla ha dichiarato di aver versato un totale di 62.607,80 euro per l’acquisto e ha presentato un contratto privato stipulato nel 2012, in cui aveva anticipato 20.000 euro all’ex proprietaria dell’imbarcazione, estinguendo anche il debito. Ha sottolineato che l’affare era stato concepito per saldare un debito di Anfi nei suoi confronti di 321.000 euro, relativo a onorari non pagati.
Testimonianze controverse in aula
La testimonianza di un ex proprietario dell’imbarcazione ha messo in discussione la versione di Cazorla, poiché ha affermato di aver ricevuto i 20.000 euro al momento della firma del contratto privato, ma non ricordava i dettagli. Inoltre, un dirigente dell’ufficio legale di Anfi ha negato l’esistenza del contratto privato di cui il difensore dell’imprenditore ha fatto menzione, evidenziando come tutte le transazioni dovessero passare attraverso l’azienda.
José Luis Trujillo, legale di Anfi, ha confermato che l’affare era stato gestito in parte per il saldo di un debito preesistente. Ha dichiarato di non aver mai visto il contratto privato e ha sostenuto che l’imbarcazione fosse stata registrata a nome di Anfi e che fosse utilizzata da Cazorla in quanto presidente. Ha anche evidenziato come Anfi avesse sostenuto 70.000 euro di spese per riparazioni.
Ulteriori prove sono emerse nel corso dell’udienza, suggerendo che Anfi fosse venuta a conoscenza della presenza dell’imbarcazione nei porti marocchini tramite comunicazioni doganali, il che ha portato all’apertura della causa legale per evitare complicazioni future.
Le richieste di pena e le difese legali
La procura e l’accusa hanno chiesto una condanna per Cazorla, mentre il suo avvocato, José Antonio Choclán, ha chiesto un’assoluzione, sostenendo che il caso fosse in realtà un conflitto societario di natura commerciale e non penale. Choclán ha inoltre criticato la posizione dell’accusa, riconoscendo che sebbene Cazorla potesse essere possessore dell’imbarcazione, ciò non implicava la proprietà legale della stessa, che secondo gli uffici legali di Anfi apparteneva all’azienda.
Il legale difensore ha affermato che il contratto privato fosse valido e ha contestato l’interpretazione dell’accusa riguardo alla titolarità dell’imbarcazione, sostenendo invece che l’affare in questione avesse una valenza civile e non penale. La questione della validità del contratto e della legittimità delle azioni di Cazorla continua quindi a essere al centro del dibattito legale, destando interesse e dibattiti tra gli esperti del settore.