La vicenda di Romina Celeste, giovane paraguayana di 25 anni, è tornata al centro dell’attenzione pubblica per via della richiesta di indennizzo avanzata dalla sua famiglia. Romina è stata vittima di un femminicidio perpetrato dal marito, Raúl Díaz Cachón, su cui gravano accuse di un lungo periodo di maltrattamenti. La famiglia ora richiede una somma significativa per i danni subiti a causa delle lungaggini del processo e della distruzione dell’unico organo recuperato della giovane, un polmone. Questo articolo esplora la situazione attuale, le implicazioni legali e il contesto di questo tragico caso.
Il caso di Romina Celeste e le sue implicazioni legali
Il Consiglio Generale del Poder Judicial ha recentemente approvato un rapporto che supporta la possibilità di un’indennità per la famiglia di Romina Celeste. Questa decisione si basa sulle evidenze di ritardi ingiustificati nel processo giudiziario che ha riguardato il marito della vittima, già condannato a 15 anni e 9 mesi di carcere. Raúl Díaz Cachón non ha subito immediate conseguenze dopo la denuncia tardiva della scomparsa di Romina, avvenuta nella notte di Capodanno del 2019.
Il rapporto del CGPJ invita il Ministero della Giustizia a considerare con attenzione la responsabilità patrimoniale dello Stato in questo caso. La domanda di indennizzo, avanzata dalla madre di Romina, ammonta a 317.373 euro. Secondo le argomentazioni legali, le lungaggini nel processo e la perdita dell’unico organo recuperato della vittima giustificano tale richiesta. Infatti, il processo ha subito significativi ritardi che hanno influito sulla giustizia e sul benessere psico-emotivo della famiglia.
I legali della madre, Emilia Zaballos e Francisco Manuel Jiménez, hanno sottolineato come queste lungaggini abbiano causato un “immenso dolore” e un “danno psicologico brutale”. Il caso di Romina non è solo un esempio di violenza di genere, ma rappresenta anche la fragilità del sistema giudiziario, che deve garantire risposte adeguate e tempestive in situazioni così gravi.
La cronologia del crimine e del processo
Romina Celeste è scomparsa la notte di Capodanno del 2019, ma il marito ha denunciato la sua scomparsa solo una settimana dopo, suscitando immediatamente sospetti su di lui. Dopo un lungo e tortuoso iter giudiziario, il 12 gennaio 2023, Raúl Díaz Cachón è stato rilasciato dalla custodia cautelare dopo aver scontato quattro anni, senza che il processo si fosse ancora svolto. Questo aspetto ha generato preoccupazione tra gli avvocati della madre, che hanno evidenziato come questo ritardo abbia amplificato il dolore della famiglia.
L’intero processo ha subito ritardi significativi. Secondo i legali, le anomalie sono iniziate già nel gennaio 2020, inclusa la gestione inadeguata di prove ritenute fondamentali per la risoluzione del caso. Ad esempio, un rapporto richiesto nel novembre 2020 per analizzare la possibilità che delle forbici fossero state utilizzate nel dismembramento del corpo di Romina ha impiegato ben due anni e mezzo per essere consegnato. Questo lasso di tempo è decisamente inaccettabile e ha avuto ripercussioni dirette sulla capacità della giustizia di operare con rapidità ed efficacia.
Il 8 giugno 2023, il tribunale ha infine condannato Raúl a 15 anni e 3 mesi di carcere, ma il percorso per arrivare a questa sentenza è stato estremamente lungo e caratterizzato da molteplici problemi procedurali. Il giudizio ha rivelato una storia di violenza sistematica all’interno della relazione tra i coniugi, culminata nella morte violenta di Romina.
La perdita e il dolore della famiglia
Oltre ai ritardi processuali e ai danni psicologici, la famiglia di Romina ha dovuto affrontare un ulteriore colpo: la distruzione dell’unico organo recuperato della giovane, il suo polmone. Inizialmente, la famiglia era stata rassicurata dalla prima giudice di istruzione nel 2019, che aveva promesso loro la restituzione di questo organo al termine del processo. La madre aveva persino preparato un luogo dove conservare il polmone, in previsione di un momento di commiato.
Tuttavia, dopo la conclusione del procedimento, la famiglia è stata informata che l’Istituto di Tossicologia e Scienze Forensi aveva distrutto il polmone, lasciando solo piccoli frammenti. Questo ha impedito alla madre di Romina di chiudere adeguatamente il ciclo del lutto e ha aggravato ulteriormente la sofferenza già profonda causata dalla tragica morte della figlia.
Il CGPJ ha concluso che ci sono stati elementi di funzionamento anomalo da parte dell’amministrazione della giustizia, confermando così la legittimità della richiesta di indennizzo da parte della famiglia. È fondamentale che la giustizia non solo punisca i colpevoli di crimini violenti, ma si assicuri anche di rispondere adeguatamente alle esigenze delle vittime e delle loro famiglie, ripristinando così un senso di giustizia e dignità in situazioni tanto tragiche.