Nel 2023, il tema della violenza di genere in Italia ha raggiunto tassi preoccupanti, portando alla morte di 58 donne, tutte assassinate da partner o ex partner. Questo dato segna un triste record, il più alto dal 2015, con una media annuale che supera i 59 crimini, pari a un omicidio ogni 6,2 giorni. Analizzando i dati, si evidenzia che oltre la metà delle vittime era di nazionalità italiana e molte di queste erano madri. La realtà dei femminicidi, purtroppo, rimane un problema complesso e persistente, come evidenziato nel rapporto annuale redatto dall’Osservatorio contro la Violenza Domestica e di Genere del Consiglio Generale del Potere Giudiziario.
Un fenomeno sconvolgente: i numeri della violenza di genere
L’analisi condotta sul fenomeno della violenza di genere in Italia ha riportato rendiconti agghiaccianti. Nel 2023, 58 donne hanno perso la vita a causa di questo terribile crimine, e di queste, la maggior parte erano italiane. Numeri che parlano chiaro e mostrano una media di 59,2 omicidi all’anno nell’arco di quindici anni, dal 2003 al 2023. Circa il 47,2% delle vittime erano madri di minori al momento dell’omicidio. Inoltre, il report ha rivelato che una significativa percentuale delle vittime aveva già sporto denuncia contro il proprio aggressore, evidenziando purtroppo quanto spesso le denunce non si traducano in protezione efficace.
Oltre alla nazionalità, anche l’età delle vittime offre uno spaccato inquietante: nel 2023, il profilo della vittima tipica è una donna di circa 42,9 anni. La maggioranza delle vittime si colloca nella fascia d’età tra i 26 e i 45 anni, un dato significativo se consideriamo che questa classe di età rappresenta solo un terzo della popolazione femminile sopra i 15 anni. Questo significa che il fenomeno della violenza di genere colpisce in modo sproporzionato donne che già si trovano in situazioni vulnerabili o problematiche.
Caratteristiche e profili delle vittime di femminicidio
L’analisi dettagliata dei dati sul femminicidio in Italia ha permesso di delineare un profilo delle vittime. Oltre il 55% delle donne uccise nel 2023 era coniugato o aveva una relazione affettiva con il proprio aggressore. Questo aspetto suggerisce che la violenza di genere non è solo un problema di sicurezza, ma strettamente legato a dinamiche relazionali complesse. È anche opportuno sottolineare il fatto che oltre il 74% delle vittime aveva figli, un dato che rende gli omicidi ancora più tragici, poiché i bambini devono affrontare la perdita del genitore e il trauma di una situazione familiare distrutta.
Un’interessante distinzione emersa dall’analisi riguarda la connotazione internazionale del fenomeno. Tra le vittime, 32 erano italiane, mentre 26 provenivano da altri diciassette paesi, con una discreta rappresentanza di donne dall’Africa e dall’America Latina. Questo porta a domandarsi se e come la provenienza culturale e la condizione sociale possano influenzare l’esperienza di violenza e le possibilità di denuncia e protezione.
Il profilo degli aguzzini: chi sono?
La figura del perpetratore emerge come un uomo, principalmente di nazionalità italiana, con un’età media di 47,3 anni. Questo dato evidenzia una narrazione inquietante sul maschilismo e sulla cultura patriarcale che ancora permeano la società italiana. Poco più di un decimo di questi aggressori si era costituita dopo aver compiuto l’omicidio, con la maggior parte di essi arrestati dalle forze dell’ordine. Inoltre, un triste strascico delle aggressioni è il suicidio: in un quarto dei casi di femminicidi, l’aggressore ha scelto di togliersi la vita.
È nei dettagli delle circostanze dell’aggressione che si nascondono elementi di pericolosa quotidianità. La casa, luogo che dovrebbe rappresentare sicurezza e protezione, diventa per l’87,8% dei casi lo scenario di crimini violenti. Solo una risicata percentuale di omicidi avviene in luoghi pubblici o durante eventi sociali. Questo trend sottolinea l’urgenza di campagne di sensibilizzazione e educazione che mirino a stravolgere la cultura della violenza domestica.
Circostanze e tempo di comportamento criminale
Quando si parla di violenza maschile contro le donne, è fondamentale considerare non solo il numero degli omicidi, ma anche quando e come avvengono. I dati mostrano che l’estate rappresenta un periodo critico con un picco di aggressioni, tant’è che nel 2023 si sono registrati 25 omicidi femminili tra giugno e settembre. Anche il giorno della settimana gioca un ruolo: la domenica ha visto il maggior numero di tragedie, sollevando interrogativi su come l’organizzazione familiare e sociale possa contribuire a tale situazione.
Questi dati sul tempo e sulle circostanze in cui si verificano gli omicidi pongono interrogativi sul supporto sociale e sulle reti di protezione a disposizione delle donne, soprattutto in periodi in cui aumenta la condivisione del tempo con i partner. Evidentemente, si rende necessario un approccio più globale e integrato da parte delle istituzioni, per garantire che le vite delle donne non siano messe in pericolo nel luogo che dovrebbe essere il più sicuro: le loro case.
L’importanza della denuncia e il cambiamento del trend
Un aspetto preoccupante emerso dal report è la flessione nelle denunce da parte delle vittime. Sebbene circa il 25,9% delle donne uccise avesse segnalato precedenti episodi di violenza, questo numero rimane notevolmente inferiore rispetto al 2022. È fondamentale considerare che una parte importante delle donne assassinate non si è sentita sicura o supportata nel denunciare il proprio aggressore. I dati riportano che le denunce precedenti sono per lo più di donne tra i 36 e i 45 anni, una fascia d’età che appare particolarmente vulnerabile.
Il rapporto ha evidenziato una differenza significativa anche tra vittime italiane e straniere riguardo la propensione a denunciare. Le donne straniere, nel 38,5% dei casi, hanno mostrato maggiore disponibilità a chiedere aiuto rispetto alle italiane, solo 15,6% delle quali aveva sporto denuncia. Questo divario richiede una riflessione approfondita sulle risorse e sul supporto sociale disponibili per le donne vulnerabili e sull’accessibilità dei servizi di emergenza.