Isole Canarie

La lotta di un’attivista brasiliana contro la prostituzione in Spagna: testimonianze e speranze

Kamila Ferreira, attivista per i diritti delle donne, racconta la sua esperienza di sfruttamento nella prostituzione in Spagna e chiede l’abolizione di questo sistema oppressivo.

Kamila Ferreira è un’attivista per i diritti umani delle donne e delle ragazze che ha vissuto in prima persona le atrocità del sistema prostituzionale. Attraverso la sua autobiografia “Spagna, la Thailandia europea“, racconta la dura verità riguardante lo sfruttamento sessuale in questo paese, ponendosi come voce per coloro che non possono parlare. Le sue esperienze, che vanno dall’abuso infantile alla tratta di esseri umani, la spingono a cercare un cambiamento radicale. Dopo oltre trent’anni nel sistema della prostituzione, esprime il desiderio di abolire questa pratica in Spagna, un paese tristemente noto per essere uno dei maggiori consumatori di prostituzione in Europa e nel mondo.

La lotta di un'attivista brasiliana contro la prostituzione in Spagna: testimonianze e speranze

La vita di Kamila Ferreira: dal Brasile alla Spagna

Kamila Ferreira nasce e cresce nella favela di San Paolo, in Brasile, dove le bande criminali si approfittano della povertà e delle difficoltà economiche delle famiglie. A soli 14 anni, è costretta a intraprendere la via della prostituzione, una scelta non voluta ma frutto della disperazione economica. La sua famiglia, allo stremo delle forze e con poche alternative, vede in Kamila una possibilità di guadagno, scambiandola in cambio di denaro per tirare avanti. Dopo aver viaggiato in vari paesi dell’America Latina, Kamila arriva in Spagna, dove la sua vita continua a essere segnata dallo sfruttamento.

Da quel momento, Kamila trascorre quasi tre decenni intrappolata in un sistema che sembra inestricabile. Anche se rintracciare il suo percorso è difficile data la confusione e il dolore delle esperienze vissute, ora è in grado di condividere apertamente la sua storia. Sottolinea come, nella società, ci sia una contraddizione tra la condanna pubblica della prostituzione e l’accettazione tacita del sistema che la sostiene. Il suo racconto mette in luce come nessuno desideri realmente una prostituta in casa, ma allo stesso tempo, ci sono molti che approfittano della situazione economica precaria delle donne coinvolte.

Il desiderio di abolizione della prostituzione

Dopo aver trascorso trent’anni e otto mesi nel sistema prostituzionale, il desiderio di Kamila è chiaro: abolire la prostituzione. È convinta che la vera liberazione possa avvenire solo attraverso la disintegrazione di un sistema che sfrutta e viola le donne. Ferma nella sua convinzione, afferma di avere fede che non lascerà questo mondo senza aver assistito all’abolizione della prostituzione in Spagna. Kamila evidenzia che la nazione è un ecosistema per il consumo di prostituzione, posizionandosi al terzo posto a livello mondiale, dopo Thailandia e Puerto Rico.

Racconta come le situazioni di sfruttamento siano simili a quelle viste in luoghi come la Thailandia, pur essendo camuffate dalle apparenze. La sua narrazione è un invito a riflettere sulle condizioni reali sotto cui opera il mercato del sesso. Ciò che colpisce è la disparità tra le giustificazioni utilizzate per descrivere la prostituzione e la cruda realtà che essa nasconde. Kamila sottolinea che ciò che accade nel settore è invisibile ai più, anche se la verità è uguale in ogni parte del mondo.

L’importanza dell’educazione e la responsabilità dei mezzi di informazione

Per affrontare la dura realtà in cui si trova, Kamila crede fermamente nell’importanza dell’educazione. Con il suo progetto sociale Emargi, organizza eventi, workshop e conferenze in scuole e istituti, mirando a formare una nuova generazione che possa prevenire il proliferare di comportamenti predatori. All’interno di questo percorso educativo, si pone l’accento non solo sulle vittime, ma anche sulla responsabilità che i futuri uomini devono assumere per non diventare parte del problema.

Kamila punta il dito contro i media, accusandoli di rappresentare un’immagine distorta della prostituzione, che spesso glorifica i consumatori senza mostrare i volti delle donne sfruttate. Rifiuta di romanticizzare la prostituzione, affermando che “non ha mai incontrato una prostituta che fosse realmente felice”. Il ricavato va sempre ai proxeneti, mentre le donne rimangono intrappolate in un ciclo di sfruttamento. Kamila usa termini forti, come “violatori prepago”, per descrivere chi consuma prostituzione, sottolineando che il pagamento non può mai giustificare la violenza subita dalle donne.

Kamila invita i lettori a informarsi e a leggere opere di altre sopravvissute per comprendere pienamente la tragedia che si cela dietro la facciata della prostituzione. Tra i libri consigliati ci sono opere come “Nessuna donna nasce per puttana” di Sonia Sánchez e “La rivolta delle puttane” di Amelia Tiganus, che offrono uno sguardo onesto e senza filtri sulla lotta contro il sistema di sfruttamento.