L’eruzione del vulcano Timanfaya nel 1730 ha segnato un momento cruciale nella storia di Lanzarote, trasformando per sempre il paesaggio dell’isola. La lunga eruzione, durata circa sei anni, non solo ha dato origine a numerosi vulcani, ma ha avuto anche un impatto significativo sulla vita degli abitanti. Questo evento naturale, spesso paragonato ad altre eruzioni storiche, ha aperto la strada a nuove scoperte e cambiamenti agrari, rendendo necessario un adattamento alle nuove condizioni ambientali.
Le origini dell’eruzione di Timanfaya
Il 1° settembre 1730, il suolo di Lanzarote si aprì, dando vita all’eruzione del vulcano Timanfaya, noto anche come Caldera de Los Cuervos. Questo evento naturalistico straordinario provocò la fuoriuscita di magma per un periodo prolungato, cambiando radicalmente il profilo geografico dell’isola. Secondo il vulcanologo Juan Carlos Carracedo, l’eruzione di Timanfaya è considerata la più lunga e distruttiva dell’arcipelago delle Canarie, con un impatto paragonabile agli eventi più gravi a livello mondiale.
Durante un’intervista, Carracedo ha spiegato che l’eruzione emise una quantità di gas tale da creare un “piccolo inverno planetario”, una condizione che ha avuto effetti misurabili anche a migliaia di chilometri di distanza, come nei cedri della California. L’analisi storica dell’evento è stata corroborata dal diario di un sacerdote di Yaiza, che ha documentato i primi segni dell’eruzione, con grandi frane e l’emissione di lava che ha deviate verso nord-est.
Le successive esplosioni vulcaniche avvennero lungo una serie di fessure che si aprirono tra la Caldera de Los Cuervos e il vulcano di Juan Perdomo, vicino a El Golfo. Questo fenomeno geologico ha dato origine a numerose eruzioni che, pur non raggiungendo il numero di mille, hanno portato alla formazione di ciò che oggi viene definito l’“isola dei mille vulcani”.
La vita durante l’eruzione e l’evacuazione
Con l’eruzione di Timanfaya, la popolazione conejera affrontò una delle sfide più gravi della sua storia. Fu necessario elaborare un piano di evacuazione totale per l’isola, con molti abitanti costretti a cercare rifugio a Fuerteventura. Molti dei villaggi, come Timanfaya e Santa Catalina, furono sepolti dalla lava, mentre vi era grande preoccupazione che le colate potessero raggiungere Yaiza, il comune più popolato dell’isola.
Carracedo ha evidenziato l’importanza della preparazione di evacuazione, con le autorità locali che pianificarono la quantità di barche necessarie per trasferire le persone in salvo. Nonostante la lava non distrusse fisicamente Yaiza, il territorio agricolo circostante fu devastato, portando alla mancanza di risorse per la sussistenza della popolazione. Questo portò alla decisione di evacuare, sebbene alcuni rimanessero per proteggere l’isola da potenziali attacchi pirati.
La trasformazione di Lanzarote da un’isola agricola, che era un’importante produttrice di grano, a un paesaggio arido e coperto di cenere vulcanica rappresentò una sfida senza precedenti. La preoccupazione era tale che gli abitanti temevano di non poter mai più tornare a coltivare la terra.
Nuova vita e innovazioni agricole post-eruzione
Contrariamente alle aspettative, l’eruzione portò a una rinascita agricola inaspettata. I conejos scoprirono che nell’area con un sottile strato di cenere, le piante non solo sopravvivevano, ma crescevano con vigore. Questo fenomeno era strettamente legato alla composizione vulcanica del suolo, che si rivelò favorevole alla coltivazione di diverse varietà di vegetali.
Uno dei principali sviluppi agronomici emersi dall’eruzione fu il metodo di coltivazione nel “picón”, un tipo di suolo vulcanico, che dimostrò di trattenere l’umidità dall’atmosfera. Grazie a questo, gli agricoltori furono in grado di coltivare non solo ananas e patate, ma anche una vasta gamma di ortaggi, trasformando il panorama agricolo dell’isola. Questo approccio innovativo alla coltivazione ha avuto un impatto duraturo, estendendosi oltre Lanzarote, e trovando applicazione in altre aree del mondo.
Oggi, il cambiamento climatico e le sue conseguenze sulla disponibilità di acqua e sul riscaldamento globale pongono nuove sfide per l’agricoltura. La pratica del coltivare nel “picón” potrebbe rivelarsi cruciale per garantire la sostenibilità agricola in un contesto in rapido cambiamento.
Il futuro delle eruzioni vulcaniche e la scienza dell’anticipazione
Guardando al futuro, Carracedo ha sottolineato come, sebbene la scienza non possa prevedere con certezza quando avverrà una nuova eruzione, essa può identificare le aree a maggior rischio basandosi su pattern storici. Molti ricercatori ed enti universitari, come quello di Las Palmas di Gran Canaria in collaborazione con l’Università della California, lavorano attivamente per comprendere meglio la geologia delle eruzioni e le loro conseguenze.
Carracedo ha fatto una metafora interessante, paragonando le eruzioni vulcaniche alla gravidanza, pur sottolineando le limitazioni della previsione in questo campo: mentre un medico può calcolare con precisione quando avverrà il parto, non può sapere se ci sarà una gravidanza tra cinque anni. La tecnologia attuale consente di monitorare le attività vulcaniche in tempo reale, permettendo di prendere misure precauzionali adeguate.
Il messaggio dell’esperto è chiaro: anche se non possiamo prevedere i tempi esatti delle eruzioni, è fondamentale prepararsi e imparare dalle esperienze passate, come dimostrato dalla comunità di Lanzarote nel 1730. La gestione dei rischi legati ai vulcani continuerà a essere una priorità per garantire la sicurezza e la vivibilità delle isole vulcaniche attive.