Il recente pronunciamento della Sala di Giustizia Penale del Tribunale Superiore delle Canarie ha portato a un’importante revoca di una condanna a quattro anni di reclusione per un uomo accusato di abusi nei confronti della propria figlia minore. La decisione ha suscitato discussioni sulla solidità delle prove e sulla presunzione di innocenza, esaminando le complesse dinamiche familiari che hanno caratterizzato il caso.
La controversa condanna iniziale
Il caso ha avuto inizio con una denuncia sporta dalla madre della minore, che aveva sostenuto di essere a conoscenza di frequenti abusi. Secondo quanto dichiarato, durante le visite presso la casa della nonna paterna, l’imputato avrebbe compiuto atti di molestia nei confronti della figlia di cinque anni, spaziando da toccamenti in aree intime a situazioni di natura più esplicita tra marzo e aprile del 2018. La Sezione Seconda dell’Audienza Provinciale di Las Palmas aveva condannato l’imputato a quattro anni di reclusione considerando che il suo comportamento avesse giustificato una diagnosi di maltrattamenti. Questa sentenza aveva incluso anche un divieto di avvicinamento alla vittima per un periodo di otto anni.
La condanna si fondava principalmente sulla testimonianza della minore, appoggiata da prove precostituite e testimonianze di soggetti vicini alla famiglia, come la sorella e la madre, le quali affermavano di aver sentito la piccola rivelare di abusi subiti e di aver ripetuto frasi come “papà le faceva così”, utilizzando gesti per indicare il comportamento inquietante.
Le argomentazioni della difesa
In questa fase, il legale dell’imputato, Israel Godoy, ha presentato un appello, contestando la valutazione delle prove e sostenendo che non erano stati rispettati i principi di presunzione di innocenza. La difesa ha sottolineato l’assenza di elementi probatori tangibili in grado di corroborare le accuse e ha messo in luce come la condanna fosse basata quasi esclusivamente sul racconto della minore e su testimonianze indirette. Godoy ha anche citato precedenti giurisprudenziali, affermando che in casi di abuso sessuale è fondamentale avere prove aggiuntive a sostegno della testimonianza per poter giungere a una condanna.
In particolare, il legale ha evidenziato come la decisione del tribunale di primo grado fosse influenzata da un’impressione soggettiva dei giudici, senza alcuna base oggettiva solida a supporto dell’accusa. Questo aspetto ha sollevato interrogativi sulla validità del procedimento, dato il grave impatto di una condanna penale nel contesto dei diritti umani fondamentali.
La posizione del Tribunale Superiore
La Sala di Giustizia Penale del TSJC, guidata dal Presidente Lorenzo Bragado e dai magistrati Antonio Doreste e Carla Bellini, ha attentamente analizzato l’appello giunto dalla difesa. La sentenza del tribunale ha concluso che non vi era prova sufficiente per scardinare la presunzione di innocenza dell’imputato. I giudici hanno osservato che “la mera convinzione della Sala di prima istanza, basata sulla veridicità della testimonianza della minore, non basta per stabilire l’accadimento dei fatti”. La sentenza ha stressato come la presunzione di innocenza debba essere sempre garantita, indipendentemente dalla gravità del reato contestato.
In aggiunta, il tribunale ha evidenziato l’importanza della coerenza e dell’accuratezza del racconto della minore, sottolineando che non ci fossero prove sufficienti per rendere tale testimonianza affidabile in mancanza di ulteriori conferme oggettive. Infine, sono stati discussi anche alcuni rapporti peritali nel contesto della valutazione delle prove, con il TSJC che ha considerato insoddisfacenti un rapporto psicologico e quello medico presentato, i quali non supportavano pienamente le accuse.
Voto dissenziente e le opinioni divergenti
È importante notare che la magistrata Carla Bellini ha presentato un voto dissenziente, esprimendo disaccordo con la decisione della maggioranza. Secondo la sua analisi, la testimonianza della minore, sebbene possa avere le sue imperfezioni, era caratterizzata da coerenza e persistenza nel corso del tempo, elementi che andrebbero considerati maggiormente nei casi legati alla violenza su minori. Bellini ha sottolineato come, nello specifico contesto giuridico attuale, la testimonianza di una vittima particolarmente giovane necessiti di una più ampia considerazione rispetto alle opposizioni legali.
La questione rimane aperta e segnerà un punto di riflessione sull’approccio delle istituzioni italiane nei casi di abuso, mettendo in evidenza l’importanza di trovare un equilibrio tra la tutela dei minori e il rispetto dei diritti fondamentali degli imputati.