La comunità Yanomami, nota per la sua ricca cultura e il forte legame con la foresta amazzonica, si trova attualmente ad affrontare sfide ambientali e sanitarie senza precedenti. Ehuana Yarai, rappresentante della tribù, ha intrapreso un lungo viaggio di oltre 6.000 chilometri per portare all’attenzione del mondo “la terra dei bianchi” le problematiche che affliggono il suo popolo. Attraverso la sua testimonianza, Yarai desidera mettere in luce la lotta per la conservazione della propria identità culturale e per il benessere dei membri più vulnerabili della comunità.
La forza dell’identità e il rispetto per i più anziani
Ehuana Yarai sottolinea l’importanza del rispetto per i membri anziani della comunità Yanomami, un valore fondamentale che li distingue dalle culture occidentali. Secondo Yarai, prendersi cura degli anziani non è solo un atto di riconoscenza, ma un dovere collettivo. La leader indigena racconta come sua madre l’abbia accudita durante la sua infanzia e ora, mentre lei è diventata anziana e non è più in grado di procurarsi il cibo, sia diventata per la comunità una responsabilità reciproca. “Il mio compito ora è prendersi cura e nutrire mia madre,” afferma. In questo contesto, la comunità Yanomami si distingue per la connessione fra generazioni, dove il sostegno reciproco è una norma e non un’eccezione.
Questa forte identità culturale si manifesta in come i Yanomami non concepiscano l’idea di lasciare un anziano da solo. Yarai spiega: “Noi cacciamo, peschiamo e raccogliamo per lei,” evidenziando l’importanza delle relazioni interpersonali fondate sulla reciprocità. “Abbiamo sempre cura dei nostri figli, che siano di tre, quattro o sette anni, e li portiamo sulle spalle mentre trasportiamo legna.” Questa pressione culturale nei confronti della cura degli anziani appare in netto contrasto con ciò che osserva nella società occidentale, dove anziani spesso affrontano la solitudine nell’ultimo periodo della loro vita. “Non capiamo come in una società con tanto, gli anziani vivano da soli,” dichiara Yarai, rimarcando quanto sia vitale per loro il valore del prendersi cura l’uno dell’altro.
Le sfide sanitarie e l’arrivo di malattie sconosciute
Con il contatto sempre crescente con il mondo esterno, la comunità Yanomami si trova ad affrontare anche nuove malattie, mai viste prima. Tra queste, spicca il cancro all’utero, una patologia che suscita notevole preoccupazione tra le donne della tribù. Yarai denuncia come i cercatori d’oro, che visitano le loro terre, portino con sé malsane pratiche e malattie. “Ci sono sempre più donne che mostrano sintomi di cancro all’utero, e siamo spaventate perché non abbiamo cure disponibili,” spiega. Le donne malate devono essere trasportate in aereo fino a Boa Vista, la città più vicina, dove spesso rimangono isolate per mesi senza la possibilità di comunicare con i propri familiari a causa della mancanza di tecnologia.
Questa disconnessione è straziante per i Yanomami, costretti a vedere i propri familiari allontanarsi dalla loro comunità senza certezza sul loro ritorno. La complessità della situazione è accentuata dalla difficoltà di comprendere e trattare le malattie portate dalla cultura occidentale.
I malintesi e le malattie “dei bianchi”
Yarai condivide anche come la comunità affronti il problema della demenza e della salute mentale. Quando hanno osservato sintomi che corrispondono a quelli diagnosticati come demenza nella medicina occidentale, la loro interpretazione era molto diversa. “La nostra tradizione non contempla il concetto di demenza così come lo conoscono i bianchi; noi vediamo questi segni come conseguenze di esperienze traumatiche o esaurimento fisico,” afferma. I Yanomami definiscono queste nuove patologie come “malattie dei bianchi”, creando ulteriori malintesi tra i diversi sistemi di cura e comprensione delle malattie.
In assenza di una struttura medica adeguata, gli abitanti della tribù sono costretti a percorrere lunghe distanze per raggiungere un posto sanitario remoto nella giungla, dove le risorse disponibili sono limitate a pochi farmaci basilari come paracetamolo e amoxicillina. La scarsità di assistenza medica specializzata rende difficile affrontare le nuove malattie e rappresenta una grande minaccia per la loro comunità tradizionalmente isolata.
La lotta per preservare la foresta e l’identità culturale
Durante il suo intervento al II Congresso di Cura, tenutosi a Gran Canaria il 13 e 14 novembre, Yarai ha anche esposto la sua frustrazione di fronte alla deforestazione e all’impatto degli invasori sulla loro terra. La leader indigena ha evidenziato l’importanza di ascoltare le voci delle comunità indigene per proteggere non solo la foresta amazzonica, ma anche la cultura e l’identità che essa rappresenta.
Il messaggio di Yarai è chiaro: mercificare e distruggere la foresta non è solo una questione ecologica, ma riguarda il rispetto e la dignità delle persone che vi abitano. Conclude il suo appello con la speranza di collaborare con la società occidentale: “Siamo qui, anche se proveniamo da terre lontane con molteplici problemi, ed è essenziale che le nostre voci siano ascoltate. Alcuni bianchi, purtroppo, sono ubriachi di ignoranza e stanno distruggendo la selva. Chiediamo di unirci per prenderci cura della foresta e delle comunità.”